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Calzadilla de los Hermanillos - Reliegos

  • pasoapaso6
  • 18 set 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

Diciottesima tappa

Nonostante la sveglia alle 6.30 non siamo partiti prima delle 9. Prima volta che parto cosí tardi. Tutto perché ci siamo accorti che S., dopo una telefonata, era scoppiata in lacrime. Io, C. ed R. abbiamo cercato in tutti i modi di farci dire cosa fosse successo, invano. Anzi, ha voluto a tutti i costi che partissimo senza di lei, cosa ovviamente che non volevamo fare. Ma siamo stati praticamente obbligati, con la frase "ho bisogno di stare da sola, parto con calma, non preoccupatevi, ci vediamo più avanti". Partiremo quindi in 3, e per tutta la tappa, che si rivelerà tutta sotto un sole cocente, non faremo che provare a contattare S., in pensiero per lei.

Nonostante la nostra andatura davvero da tartarughe, S. non ci raggiungerà. Alle 10.20 C. ha bisogno di uno spuntino. E che spuntino! Praticamente si è portato dietro gli spaghetti al pomodoro (ormai freddi) avanzati ieri sera. Un idolo.

Sarà una tappa lunga in mezzo al nulla e piena di domande e pensieri. Addirittura faremo un riposino su una balla di fieno rettangolare entrandoci tutti e tre. Una mezz'oretta dopo vediamo arrivare un ragazzo che canta. Scopriamo che è T., italiano (strano, ce ne sono davvero pochi), già conosciuto a Logroño., a cui chiederemo di farci una foto.

Oggi, forse per la prima volta da quando ci siamo incontrati, non canteremo. L'umore generale é un po' ballerino.

Una volta arrivati a Reliegos e trovato l'albergue (con la doccia più bella di tutto il cammino), faremo un giro del posto. Caratteristico un barettino, dove troviamo vari pellegrini a bere birra. Decidiamo di aggregarci. All'interno diverse magliette attaccate, tra cui svetta quella di Libera. Già amo questo posto. È un posto spartano, ma proprio per questo molto bellino.

Quando torneremo all'albegue, proprio lì fuori, vediamo S. Tiriamo un sospiro di sollievo e corriamo ad abbracciarla. Ci è mancata, dopotutto.

Ceneremo insieme con un risotto cucinato da R., e si aggregherà a noi anche B., la ragazza italiana conosciuta a Najéra.

Più tardi, quando rimarremo solo io e lei a chiacchierare in cucina, spunterà Carlo, marchigiano, che ci racconta la sua storia. È partito per fare il cammino dopo aver venduto tutti i suoi averi. L'ex moglie è riuscita a prosciugargli tutto, facendogli chiudere perfino la sua bottega. Pur di non darle più niente ha venduto tutto quel che gli rimaneva ed è partito, anche per schiarirsi un po' le idee. Quando tornerà si porrà il problema di cosa fare, ha affermato.

A volte mi domando dove sia rimasta quella che amo definire "l'umanità eticamente sostenibile", quella fetta di umanità generosa, umile, altruista e benevola. Poi, fortunatamente, guardandomi intorno (qui come a casa) trovo sempre qualcuno che mi fa ben sperare. E, come afferma Brunori Sas, "non sarò mai abbastanza cinico da smettere di credere che il mondo possa essere migliore di così".

 
 
 

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